id: 5633
Autore: Casti Giovanni Battista,
Prezzo: 60.00
Editore: dalla Stamperia di S. Zeno,
Anno di pubblicazione: 1802
Luogo di pubblicazione: Milano,
Descrizione: In 8° piccolo; 16,7×10 cm; 215, (1) pp. e 240, (2) pp. Brossura editoriale con titolo su fascetta al dorso, qualche minimo segno del tempo. Esemplare in barbe ed in buone-ottime condizioni di conservazione. Edizione non comune delle poesie galanti del grande poeta e librettista originario di Acquapendente in Provincia di Viterbo, Giovanni Battista Casti (Acquapendente, 29 agosto 1724 – Parigi, 5 febbraio 1803). Non è semplice stabilire l’edizione delle “Poesie Galanti” di Casti in quanto l’autore, sotto lo stesso titolo, pubblicò raccolte dissimili le une dalle altre, correggendo ed ampliando anche singoli componimenti all’interno di esse. Questa è l’ultima edizione stampata dall’autore prima della morte e contiene: La bolla di Alessandro VI, Geltrude e Isabella, L’incantesimo, Prometeo e Pandora, L’Aurora, Il diavolo nell’inferno, L’arcivescovo di Praga, Monsignor Fabrizio, Il maggio, La comunanza, L’anticristo, Urgella maga, Le brache di San Griffone, Endimione e Diana, Il quinto evangelista, Il rosignuolo, L’arcangelo Gabriello e il Don Diego. Studiò al seminario di Montefiascone, dove nel 1747 fu ordinato sacerdote. Nel 1752 il pontefice Benedetto XIV gli affidò la cattedra d’umanità presso lo stesso seminario. Nel 1762 si stabilì a Roma; qui fu accolto nell’Accademia dell’Arcadia con il nome di Niceste Abideno. Sempre a Roma, Casti pubblicò la silloge I tre giuli, una raccolta di 216 sonetti in endecasillabi tronchi che riproponeva le lamentele di un creditore. L’opera incontrò il gusto della società romana, che ne apprezzò la carica ironica e parodica. Nell’autunno del 1765 si spostò a Firenze, dove pochi mesi prima era asceso al trono granducale Pietro Leopoldo (il futuro imperatore Leopoldo II). Il 15 dicembre 1769 fu nominato poeta di corte, in virtù delle sue Poesie liriche che riscossero grande successo nei salotti fiorentini. In quegli anni soggiornava a Firenze anche il conte Franz Xaver Orsini-Rosenberg, che l’imperatrice Maria Teresa aveva voluto vicino al suo secondogenito. Quando Rosenberg fu richiamato a Vienna nel 1772, Casti si pose al suo seguito con l’assenso del Granduca. In Austria, però, le ambizioni letterarie di Casti subirono uno scacco; egli si trovò costretto a seguire i suoi protettori – dapprima lo stesso Rosenberg, poi Joseph Kaunitz, figlio del principe Wenzel Anton – nelle loro missioni diplomatiche presso le corti europee. Al seguito di Kaunitz, tra il 1772 e il 1776, Casti fu a Berlino, Stoccolma e Copenaghen. Nel maggio del 1776 l’abate raggiunse una prima volta Pietroburgo; vi soggiornò lungamente, dopo questa breve tappa, dal giugno del 1777 alla primavera-estate del 1779. Le frequentazioni e le concrete esperienze condotte alla corte di Caterina II offrirono a Casti il destro per il Poema tartaro, una sferzante satira in ottave contro la Zarina. Tornato nella capitale austriaca, dopo un’ultima missione in Spagna e Portogallo, dal 1784 iniziò ad occuparsi intensamente dell’attività librettistica: per Giovanni Paisiello (per il quale aveva già scritto un libretto durante la sua permanenza in Russia) produsse il libretto Il re Teodoro in Venezia, opera che andò scena nel maggio del 1784 al Burgtheater di Vienna, la quale riscosse un ampio successo. L’anno successivo per Antonio Salieri scrisse La grotta di Trofonio, dramma giocoso che il compositore mise in scena in ottobre. Nonostante la elevata abilità poetica e i successi ottenuti come librettista non riuscì ad ottenere il posto di poeta cesareo della Corte Imperiale Austriaca (lasciato vacante dalla morte di Pietro Metastasio avvenuta nel 1782), il quale non fu assegnato a Lorenzo Da Ponte come spesso si trova scritto (Da Ponte era infatti poeta del teatro di corte). Lasciò dunque Vienna, solo dopo aver prodotto per Salieri la satira Prima la musica e poi le parole. Negli anni successivi viaggiò molto in Italia e nel 1788 fu a Costantinopoli. Verso la fine del 1791 si mise in viaggio nuovamente per Vienna, giacché era diventato imperat
Soggetto: POESIA GALANTI ACQUAPENDENTE VITERBO DIAVOLO