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Autore: Pétis de la Croix François 1622-1695
Prezzo: 600.00
Editore: chez C. F. J. Lehoucq,
Anno di pubblicazione: 1783
Luogo di pubblicazione: A Lille,
Descrizione: In 12° grande (18×9,1 cm); 5 tomi: 270 pp., 268 pp., 277, (1) pp., 282 pp., 308, (2) pp. Le prime pagine del volme portano spesso numerazione romana. Completo. Le pagine bianche in fondo al volume sono applicate alle bellissime carte marmorizzate di sguardia. Bellissime legature coeve in piena pelle marmorizzata con titolo, numero del volume e ricchissimi fregi in oro al dorso. Qualche lieve difetto. Una leggerissima brunitura al margine esterno bianco delle prime due carte del quarto volume. Tagli rossi. Testatine, finalini ed iniziali ornate. Nuova edizione rara (come tutte le edizioni precedenti) di questa celeberrima traduzione del celebre letterato ed orientalista francese, figlio dell’interprete arabo alla corte di Francia e a sua volta interprete ufficiale della corona, François Petis de la Croix (1653-1713). Inviato per formarsi da Colbert in giovane età in Siria, Persia e la Turchia venne a contatto con numeroso materiale letterario che poi avrebbe ripreso e studiato nel corso di tutta la vita. Dopo un periodo di studio ad Aleppo, arrivò nel 1674 a Isfahan, dove rimase fino al giugno del 1676. Da una breve descrizione di questo suo soggiorno si apprende del suo profondo interesse per i costumi dei “dervisci” tanto che si crede che de la Croix sia stato uno delle più importanti fonti sul “Sufismo” nell’Occidente del XVII° e XVIII° secolo. Fra lesue opere principali troviamo proprio questa raccolta di favole che molto deve al Sufismo. De la Croix sostenne che l’opera fosse la traduzione di un opera dal titolo persiano Hazar u yek Ruz (alla lettera “Le mille ed un giorno”), che l’orientalista acquisì da un’ Dervish Mocles ‘o’ Moklas ‘a Isfahan nel 1675. Non è chiaro quanto questo sia vero. Molti sostengono che la gran parte dei racconti è stato effettivamente inventato da Petis de la Croix stesso. Sicuramente all’epoca in cui l’opera venne pubblicata e per tutto il settecento, il clima di caccia alle streghe verso diverse forme di eresia e dottrine orientali, potrebbe aver suggerito a De la Croix di dare ad altri la paternità dell’opera. Il fatto che due altri grandi orientalisti Antoine Galland e Barthélemy d’Herbelot de Molainville che frequentavano De la Corix, non abbiano lascito nei loro scritti nessun riferimento importante alle pratiche del “Sufismo” può suggerire l’idea che nonostante l’argomento sia stato a più riprese trattato nei loro dialoghi, sia stato però ritenuto dagli orientalisti, troppo pericoloso da trattare in forma scritta. Effetivamente alcune pratiche del Sufismo conossciute e descritte da De la Croix erano simili ad alcune pratiche ritenute all’epoca come “stregoneria” e vivamente condannate dall’Inquisizione. Probabilmente de la Croix cercò di tramandare alcune delle conoscenze che aveva appreso in oriente in forma di racconto fantastico per non incorrere nella censura. Opera in ogni caso assai rara ed ancor più rara a trovarsi completa.
Soggetto: NOVELLE ARABE SUFISMO DERVISHI DARVISH ARABIA